Sviluppo e cooperazione
Iraq: inaugurato business center grazie a Unido e Italia
Baghdad, 18 dic. – È stato inaugurato a Baghdad il nuovo Business center della Federazione delle industrie irachene (Ifi), un progetto finanziato dalla Cooperazione italiana attraverso il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e implementato dall’Ufficio per la promozione tecnologica e degli investimenti in Italia di Unido (Unido Itpo Italy). La struttura mira a supportare lo sviluppo industriale locale, facilitando il trasferimento tecnologico e le partnership internazionali.
Secondo le informazioni rese note, il taglio del nastro è avvenuto nell'ambito del "Professional Agriculture Tour”, svoltosi la settimana scorsa, che ha portato in Iraq una delegazione di aziende italiane dei settori agribusiness e agritech.
L’ambasciatore d'Italia in Iraq, Niccolò Fontana, ha sottolineato come il know-how italiano possa aggiungere valore cruciale agli investimenti di Baghdad. Il presidente dell'Ifi, Adel Okab, ha definito il centro un "sostegno significativo" per gli imprenditori locali, confermando il ruolo storico dell'Italia al fianco dello sviluppo economico iracheno. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Imprese: nascerà centro per sostenere internazionalizzazione
Roma, 17 dic. – Sarà istituito a Firenze, nel complesso storico dell’ex Istituto agronomico per l’Oltremare (Iao), un Centro di eccellenza italiano per la formazione multidisciplinare, con l’obiettivo di sostenere l’internazionalizzazione delle imprese e rafforzare la cooperazione allo sviluppo. Lo ha annunciato questa mattina il ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, nel corso della Conferenza nazionale dell'export e dell'internazionalizzazione delle imprese in corso a Milano.
Il centro sarà concepito come uno strumento strategico per accompagnare le imprese italiane, in particolare le piccole medie e imprese, sui mercati esteri, anche attraverso il rafforzamento di canali di migrazione regolare funzionali alle esigenze del tessuto produttivo nazionale. Al tempo stesso, esso contribuirà alla stabilità dei Paesi partner e alla formazione di manodopera qualificata, in collegamento con i progetti del Piano Mattei per l’Africa.
D’intesa con il viceministro Edmondo Cirielli per la parte sviluppo, l’iniziativa sarà realizzata attraverso partenariati pubblico-privati e in collaborazione con le organizzazioni internazionali con sede in Italia, come il Centro internazionale di formazione dell’Oil di Torino.
Le attività del centro si concentreranno su alcuni ambiti strategici. In primo luogo, la formazione di esperti nei processi di internazionalizzazione, figure chiave – come gli export manager – per rafforzare la presenza delle imprese italiane sui mercati esteri, grazie a competenze nella gestione dei processi di export, nelle relazioni commerciali e nell’accesso agli strumenti finanziari. Un’ulteriore direttrice riguarderà la gestione sostenibile delle risorse idriche, tema prioritario dell’azione internazionale italiana e centrale nel quadro del Piano Mattei per l’Africa. In questo contesto si inseriscono anche gli appuntamenti internazionali che vedranno l’Italia protagonista nel 2026, con l’organizzazione della Riunione Ministeriale dell’Unione per il Mediterraneo sull’Acqua e del Forum Euromediterraneo dell’Acqua. Il centro consentirà inoltre di valorizzare le catene del valore agroalimentari, settore di eccellenza dell’economia italiana e pilastro della cooperazione allo sviluppo, in particolare sul tema della sicurezza alimentare, in sinergia con il Polo Alimentare delle Nazioni Unite di Roma e con le iniziative promosse dall’Italia in ambito G7 e G20.
La nuova struttura sarà flessibile e capace di ampliare nel tempo il proprio raggio d’azione ad altri settori strategici, rafforzando il ruolo dell’Italia sulla scena internazionale come attore di primo piano sui temi della crescita, dello sviluppo sostenibile e della cooperazione. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Africa: alpini, azioni di solidarietà in Somalia e Mozambico
Addis Abeba, 10 dic. – Gli alpini in congedo hanno lanciato due operazioni in Africa. Non si tratta di operazioni militari, bensì di due iniziative di solidarietà: una in Somalia e l'altra in Mozambico.
In Somalia, l'Associazione nazionale alpini (Ana), che riunisce gli alpini in congedo, ha inviato un primo carico di aiuti raccolti dalle sue sezioni e gruppi. Si tratta principalmente di strumenti e prodotti medicali destinati a un ambulatorio odontoiatrico da donare al Xooga Hospital, l’Ospedale militare del Distretto di Hodan (Mogadiscio), tristemente noto per essere stato teatro di uno degli attacchi più sanguinosi della recente storia del Paese nel 2017.
Complessivamente, le donazioni raccolte dall’Ana si aggirano attorno ai 60 quintali di materiale e comprendono anche abbigliamento, strumenti per la scuola, giocattoli, generatori e serbatoi. La Protezione civile dell’Ana, una struttura integrata con la Protezione Civile nazionale, ha provveduto a raccogliere l'eterogeneo materiale, ad allestirlo per il viaggio e a trasportarlo all’aeroporto militare di Pratica di Mare. Da lì, il carico è partito per la Somalia su un volo militare.
L’iniziativa ha preso avvio nei mesi scorsi su richiesta del Comando delle Truppe alpine di Bolzano che, attraverso l’ufficio Cooperazione Civile-Militare (Cimic), ha domandato la collaborazione dell’Ana con l’obiettivo di supportare una popolazione stremata da più di trent'anni di guerra civile. Questa attività si inserisce nell’ambito della missione italiana in Somalia, sotto l'egida dell’Unione Europea, che dal 2014 è interamente a guida italiana e mira a contribuire all’addestramento delle forze di sicurezza somale per stabilizzare il Paese.
In Mozambico, l'Associazione nazionale alpini prosegue anche il suo impegno a Pemba, a Cabo Delgado, provincia settentrionale funestata dai continui raid delle milizie jihadiste. Qui le penne nere, su invito del vescovo di Pemba, stanno costruendo un complesso di tre edifici religiosi: una chiesa e due edifici adiacenti che saranno destinati a casa parrocchiale, uffici, servizi, aule per l'insegnamento e spazi formativi.
Questo progetto intende rendere omaggio alla missione Albatros che, nel 1993, vide gli alpini impegnati nel monitoraggio del processo di pace siglato da Frelimo e Renamo con la mediazione della Comunità di Sant'Egidio. Quella fu l'ultima missione alla quale parteciparono soldati italiani di leva. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Costa d'Avorio: anacardi, modello di cooperazione con l'Ue
Abidjan, 25 nov. – Il comparto degli anacardi in Costa d'Avorio sta diventando un esempio di come la cooperazione tra Europa e Africa possa funzionare. Negli ultimi quattro anni, un programma europeo da 20 milioni di euro ha sostenuto le fabbriche africane che lavorano gli anacardi, consentendo loro di modernizzare impianti, formare il personale, migliorare gli standard produttivi e accedere più facilmente ai finanziamenti. In Costa d’Avorio, principale produttore mondiale, una trentina di aziende hanno beneficiato del progetto, tra cui Olam Food Ingredients, che gestisce due impianti di sgusciatura ad Abidjan.
Alpha Dagnoko, responsabile degli approvvigionamenti di Olam, spiega a Rfi: "Grazie a questo progetto, possiamo formare i produttori sulle buone pratiche agricole, aumentando la produttività e la qualità degli anacardi. Questo ci permette di commercializzare semi di migliore tracciabilità, soddisfacendo in sicurezza la domanda dei mercati internazionali".
Oggi la Costa d’Avorio raccoglie oltre 1,2 milioni di tonnellate di anacardi grezzi all’anno, ma ne lavora solo circa il 30%. Le autorità puntano a portare la trasformazione al 50% entro il 2030, un obiettivo strategico anche per l’Ue. Martina Borovac, vice capo della delegazione europea in Costa d’Avorio, sottolinea: "Il nostro interesse è creare valore aggiunto localmente, evitando l’esportazione di anacardi grezzi e sostenendo così sviluppo economico e occupazione". [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Marocco: KfW e Bm a sostegno della transizione della mobilità
Rabat, 25 nov. – Una nuova partnership da mezzo miliardo di euro tra la Banca di sviluppo tedesca KfW e la Banca Mondiale sta aiutando il Marocco a modernizzare il suo sistema di trasporto pubblico e a ridurre le emissioni, con particolare attenzione alla trasformazione della mobilità nella regione di Casablanca-Settat, il più grande snodo urbano del Paese. Lo riferisce un comunicato della KfW, secondo cui l'accordo, firmato nell'ambito di un nuovo quadro di cooperazione, convoglierà i finanziamenti allo sviluppo di una rete ferroviaria regionale espressa (Rer) per migliorare la mobilità, ridurre la congestione e sostenere i più ampi obiettivi climatici del Marocco.
La regione di Casablanca-Settat, che ospita quasi otto milioni di persone, si trova ad affrontare crescenti problemi di traffico, poiché la rapida espansione urbana e l'aumento dell'uso dell'automobile mettono a dura prova i sistemi di trasporto esistenti. Il settore dei trasporti in Marocco rappresenta circa un terzo del consumo energetico nazionale e produce circa un terzo delle emissioni totali di carbonio, principalmente derivanti dal trasporto su strada. In linea con gli impegni nazionali in materia di clima, il governo mira a ridurre il consumo energetico in questo settore del 24,5% entro il 2030.
La nuova rete Rer collegherà Casablanca con le località circostanti e consentirà ai passeggeri di raggiungere facilmente i sistemi di trasporto locale esistenti nel centro città, come le linee della metropolitana e del tram. Il progetto prevede investimenti in linee ferroviarie, stazioni, infrastrutture elettriche e di manutenzione, nonché il rafforzamento delle capacità istituzionali dell'Agenzia ferroviaria nazionale marocchina, l'Oncf.
Per finanziare questa iniziativa, la Banca Mondiale sta contribuendo con 308 milioni di euro attraverso la sua Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, mentre la KfW sta erogando un prestito a tasso agevolato di 200 milioni di euro e una sovvenzione di 2 milioni di euro per il supporto tecnico. I finanziamenti saranno erogati in base ai progressi verificatisi verso i risultati concordati.
Oltre a ridurre la congestione del traffico e le emissioni, il nuovo sistema mira a rendere i trasporti più accessibili e convenienti per i residenti, migliorando i collegamenti con luoghi di lavoro, scuole e servizi essenziali. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Sudafrica: G20, adottata dichiarazione malgrado boicottaggio Usa
Johannesburg, 24 nov. – Il vertice dei leader del Group of Twenty (G20), svoltosi a Johannesburg il 22 e 23 novembre sotto la presidenza sudafricana, si è concluso con l’adozione di una dichiarazione che invita a rafforzare il multilateralismo e a promuovere una governance globale più equa, nonostante il boicottaggio degli Stati Uniti. Lo ha reso noto il ministero sudafricano delle Relazioni internazionali e Cooperazione, confermando la piena approvazione del documento da parte dei membri presenti.
La dichiarazione finale, intitolata “G20 South Africa Summit: Leaders’ Declaration” e composta da 122 paragrafi, affronta in modo esteso le principali sfide economiche e geopolitiche del momento. Il ministro delle Relazioni internazionali, Ronald Lamola, ha definito il testo “un risultato progressivo che rivoluzionerà il modo in cui il Sud globale partecipa e opera nell’economia mondiale”, sottolineando che la presidenza africana del foro ha voluto imprimere un’impronta orientata all’inclusione e alla riforma delle istituzioni globali.
Secondo quanto riportato nel documento pubblicato sul sito del G20, i leader hanno riconosciuto l’urgenza di sostenere i Paesi in via di sviluppo nell’affrontare gli effetti dell’instabilità alimentare, del cambiamento climatico e dell’aumento del debito. La dichiarazione richiama la necessità di rafforzare la sicurezza alimentare globale, sostenere le filiere agricole locali più esposte e migliorare la resilienza agli shock dei prezzi, considerati una delle vulnerabilità più acute per numerosi Paesi del Sud del mondo. Sul fronte finanziario, il vertice conferma l’impegno a migliorare i meccanismi internazionali di gestione del debito e a promuovere un approccio più equo verso i Paesi a basso e medio reddito, riconoscendo che molte economie emergenti affrontano livelli di indebitamento che limitano investimenti pubblici essenziali.
Ampio spazio è dedicato anche alla transizione energetica. Nella dichiarazione ufficiale, i membri del G20 ribadiscono la necessità di aumentare i finanziamenti per le energie rinnovabili e per una “giusta transizione”, con particolare attenzione alle economie più esposte agli effetti della crisi climatica. Il vertice riconosce inoltre il ruolo centrale dell’Africa nelle future catene del valore dell’energia pulita, riaffermando l’importanza di sostenere investimenti in infrastrutture verdi e tecnologie a basse emissioni.
La presidenza sudafricana ha messo al centro anche il tema della riforma delle istituzioni multilaterali, sostenendo che la governance globale deve riflettere meglio la composizione del mondo contemporaneo e garantire una rappresentanza più adeguata al Sud globale. La dichiarazione finale insiste sulla necessità di rafforzare il multilateralismo in un contesto segnato da crescenti tensioni geopolitiche, affermando che “il mondo affronta sfide complesse che richiedono risposte collettive e coordinate”.
Gli Stati Uniti, che avevano annunciato di non partecipare al vertice, hanno reso noto che non riconosceranno alcun documento presentato come consenso del G20 senza il loro esplicito assenso. Secondo la South African G20 sous-sherpa Xolisa Mabhongo — il vice-rappresentante del presidente incaricato di coordinare i lavori tecnici del vertice — Washington aveva inviato una comunicazione ufficiale chiedendo che le conclusioni fossero ridotte a un semplice “chair’s statement”, vale a dire un documento redatto esclusivamente dal Paese che presiede il summit quando non esiste un consenso unanime tra i membri e che, a differenza di una dichiarazione finale, non riflette una posizione collettiva del G20. Il portavoce del ministero sudafricano, Chrispin Phiri, ha replicato che l’assenza degli Stati Uniti “non conferisce loro alcun potere sulle conclusioni del G20”, aggiungendo che Pretoria “non si farà intimidire” e che la “coercizione per assenza” non può essere riconosciuta come strumento negoziale.
Nel corso della conferenza stampa finale, il portavoce della presidenza sudafricana, Vincent Magwenya, ha dichiarato che “il semplice fatto che abbiamo una dichiarazione concordata dimostra che il mondo abbraccia il multilateralismo, la cooperazione e la collaborazione”, mentre Lamola ha definito l’esito del vertice come una conferma del ruolo crescente del continente africano nelle dinamiche globali.
Secondo l’esperto Frank Lekaba della Wits School of Governance, citato dall'agenzia di stampa Xinhua, l’adozione della dichiarazione rappresenta “una vittoria per l’Africa” e “ribadisce la centralità del G20 e della presidenza sudafricana”. Il Sudafrica, primo Paese del continente a guidare il gruppo, ha assunto la presidenza il 1° dicembre 2024.
La tensione diplomatica tra Pretoria e Washington si è riaccesa anche in vista del passaggio di consegne della presidenza del G20, previsto per il 1° dicembre 2025, quando gli Stati Uniti dovrebbero assumere la guida del foro. La Casa Bianca ha comunicato che alla cerimonia interverrà solo un inviato, ma Magwenya ha dichiarato che il presidente Cyril Ramaphosa “non consegnerà la presidenza a un funzionario di basso livello”, giudicando la scelta americana “una violazione del protocollo”. Lamola ha aggiunto che gli Stati Uniti dovranno ritirare la presidenza “direttamente dagli uffici del ministero”, affermando che “nessuno ruberà la scena: il continente africano ha dimostrato la propria centralità”. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Somalia: oltre 3,4mln persone in insicurezza alimentare acuta
Mogadiscio, 17 nov. – Circa 3,4 milioni di persone in Somalia stanno affrontando livelli elevati di insicurezza alimentare acuta e oltre 620.000 si trovano in condizioni di emergenza. Lo ha dichiarato nei giorni scorsi il portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, durante il briefing quotidiano con la stampa, citando i dati dell’Ufficio Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari (Ocha).
Secondo Dujarric, la siccità — "particolarmente grave nelle regioni orientali e settentrionali" — si sta estendendo verso le aree centrali e meridionali del Paese, mettendo a rischio milioni di persone mentre gli aiuti umanitari risultano fortemente limitati dal calo drastico dei finanziamenti internazionali.
Tra ottobre e dicembre, oltre un somalo su cinque è destinato ad affrontare livelli elevati di insicurezza alimentare, mentre la situazione nutrizionale è altrettanto critica: 1,9 milioni di bambini sotto i cinque anni dovrebbero soffrire di malnutrizione acuta tra agosto di quest’anno e luglio del prossimo.
La scorsa settimana il governo somalo ha dichiarato lo stato di emergenza siccità a livello nazionale, chiedendo alle agenzie umanitarie di intensificare gli interventi salvavita in nutrizione, salute, acqua e sicurezza alimentare. L’appello arriva in un momento in cui molte organizzazioni sono state costrette a ridurre o sospendere gli aiuti a causa della mancanza di fondi: il Piano di risposta umanitaria per la Somalia, pari a 1,4 miliardi di dollari, è finanziato solo al 22%. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Botswana: Gaborone sosterrà Fondo africano per la biodiversità
Gaborone, 06 nov. – Il Botswana sosterrà il Fondo africano per la biodiversità. Lo ha annunciato ieri il presidente Duma Boko, intervenendo al primo Vertice africano sulla biodiversità tenutosi a Gaborone, capitale del Botswana. Boko ha esortato i Paesi africani a garantire che il valore della biodiversità sia integrato nella pianificazione economica, nelle strategie di sviluppo e nei quadri di governance.
La perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici, l'inquinamento, il degrado del suolo, la riduzione delle foreste, la scarsità d'acqua, l'aumento dei conflitti tra esseri umani e fauna selvatica, la frammentazione dei corridoi faunistici e le specie invasive minacciano il benessere e la sicurezza delle comunità, ha affermato.
“La prosperità deve essere definita non solo dal Prodotto interno lordo, ma anche da sistemi alimentari sicuri, acqua pulita, comunità resilienti ed ecosistemi sani che attutiscano gli shock dei cambiamenti climatici”, ha affermato Boko.
Ha sottolineato che l'Africa presenta grandi lacune nel finanziamento della conservazione. Il Botswana, pertanto, sostiene l'istituzione del Fondo africano per la biodiversità per colmare questa lacuna. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Africa: i custodi del patrimonio a Roma grazie a Snp e Iccrom
Roma, 04 nov. – “Non si può separare il tangibile dall’intangibile”: è in questa frase, pronunciata da Munyaradzi Manyanga, preside della Robert Mugabe School of Heritage presso la Great Zimbabwe University di Masvingo, la chiave di lettura della nuova strategia africana per il patrimonio, al centro del simposio conclusivo del progetto Whaps - World Heritage in Africa, Fostering practitioners for nomination: processes and strategies, tenutosi ieri nella prestigiosa sede di Palazzo Poli, a Roma.
Un concetto ribadito alla rivista Africa, a margine del simposio, anche da Thomas Thondhlana, titolare della cattedra Unesco in Patrimonio culturale africano presso la stessa Great Zimbabwe University: “In Africa, un albero ha un'anima. Un fiume, un bosco, sono le dimore degli spiriti. Bisogna guardare al patrimonio nella sua totalità, non a compartimenti”.
Questo approccio filosofico, che supera la netta divisione occidentale tra “cultura” e "natura”, è diventato il cuore del programma Whaps, promosso dalla Scuola Nazionale del Patrimonio, il braccio formativo del ministero della Cultura, e dall’Iccrom, il Centro internazionale di studi per la conservazione e il restauro dei beni culturali. Come ha spiegato lo stesso Manyanga, i manager moderni devono “sfruttare il fatto che le comunità diano valore all’intangibile per gestire efficacemente il tangibile”. Secondo il preside della Robert Mugabe School of Heritage, infatti la cooperazione deve smettere di basarsi sull'idea di un continente “che ha bisogno di elemosina” e iniziare a valorizzare i “modi tradizionali di interpretazione” in un’ottica “decolonizzata”. A fargli eco è Pascall Taruvinga, capo del dipartimento di Antropologia presso la Rhodes University di Makhanda in Sudafrica, che ha posto l'accento sull'obiettivo finale: il “benessere” delle comunità locali, che devono poter “raccogliere piante medicinali” o “compiere una cerimonia” nei siti.
È proprio questa nuova filosofia che ha animato l’intera iniziativa. Per un anno, 30 professionisti africani non hanno solo studiato i dossier tecnici dell'Unesco, ma hanno analizzato i propri sistemi di gestione. Come spiegato dalle referenti del progetto, il focus è stato proprio sui “processi” e su “come le comunità beneficiano del patrimonio”, facendo emergere modelli di governance sociale unici, che rappresentano il vero cuore della tutela in Africa.
Il modello spirituale: dove il “tabù” è legge
In molti siti africani, la conservazione non è affidata a guardie armate, ma all'autorità spirituale. È il caso delle Foreste sacre dei Kaya Mijikenda in Kenya, un sito già Patrimonio Unesco presentato da Julius Shoboi Mwahunga. Qui la gestione è affidata a un consiglio di “anziani Kaya”. Sono loro che, attraverso “codici di etica” e “tabù" tradizionali (come il divieto di taglio o di caccia), applicano un sistema di conservazione integrato che protegge la biodiversità. Un modello simile protegge il Bosco Sacro di Osun-Osogbo in Nigeria, dove le leggi spirituali Yoruba salvaguardano una delle ultime foreste primarie del sud del Paese.
Il modello matriarcale: l’eredità delle donne
Forse il caso più emblematico di patrimonio sociale è quello del villaggio per la produzione del sale di Kibiro, in Uganda, per cui la ricercatrice del Museo Nazionale di Kampala Eunice Ngangeyu sta curando il dossier di candidatura alla lista Unesco. Qui, da più di 900 anni, la produzione di sale con complesse tecniche indigene è un’attività gestita quasi esclusivamente da donne. Il vero “sistema di gestione” è sociale: la proprietà stessa dei “giardini di sale” viene tramandata per linea femminile, da madre a figlia o da zia a nipote. Ed è questo sistema matriarcale che garantisce la continuità di un sapere secolare, oggi minacciato dall'abbandono delle nuove generazioni, che ritengono il lavoro troppo “noioso” (tedious) e poco in linea con gli interessi contemporanei.
Il modello artigiano: il “saper fare” come tutela
In contesti dove il patrimonio è fisicamente vulnerabile, la tutela coincide con la trasmissione del “saper fare”. Ne è un esempio lo Ksar di Ait-Ben-Haddou in Marocco, il celebre villaggio fortificato in terra cruda. Come spiegato dal curatore Omar Idtnaine , la gestione si basa su un “modello partecipativo” che ha al centro i “mâalems” (mastri costruttori). Sono questi artigiani locali che, tramandando le “tecniche di costruzione tradizionali in terra” ai giovani, assicurano la manutenzione del sito - spesso prima della stagione delle piogge - e creano un’economia locale che resiste alla pressione del turismo di massa.
Il modello testimoniale: la memoria come gestione
Infine, ci sono siti dove il patrimonio non è la pietra, ma la memoria immateriale che essa custodisce. È il caso di Robben Island in Sudafrica, la prigione simbolo dell’apartheid. Come illustrato da Quahnita Samie, membro del consiglio del Museo, la gestione del sito e della sua “narrazione” non è lasciata solo agli storici, ma esiste un “Comitato consultivo degli ex-prigionieri politici (Epps)” partecipa attivamente per “migliorare la narrazione e l'interpretazione”, garantendo l’autenticità della memoria. La sfida, ora, è il passaggio generazionale, affidato a “programmi educativi” e “tecnologie digitali”.
Questi modelli, e molti altri emersi a Roma, non sono folklore. Come ha sottolineato Munyaradzi Manyanga, sono in realtà la vera “infrastruttura” sociale su cui l’Africa sta costruendo il futuro del suo patrimonio. Il progetto Whaps ha avuto il merito di riconoscerli, riunirli in una rete e dare loro gli strumenti per formalizzare questi processi e renderli più forti di fronte alle sfide globali. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Siria: missione in Ruanda per studiare modelli riconciliazione
Roma, 31 ott. – Una delegazione siriana, guidata da Abdulbaseet Abdullatief, ha visitato il Ruanda per studiare l'approccio del paese nel superare le conseguenze del genocidio e costruire la pace sociale. L'obiettivo è sviluppare un modello nazionale siriano basato su esperienze internazionali di primo piano.
La delegazione ha incontrato Eric Uwitonze Mahoro, segretario del ministero dell'Unità Nazionale e dell'Impegno Civico del Ruanda, per discutere di come la Siria possa beneficiare dell'esperienza ruandese nella giustizia di transizione e nella riconciliazione nazionale.
Mahoro ha sottolineato che la giustizia in Ruanda non è stata esclusivamente punitiva, ma mirata a costruire un modello basato sulla coesistenza e l'equità, e che lo Stato ora garantisce la sicurezza e la non ripetizione della tragedia.
Durante la visita, la delegazione è stata informata sull'esperienza di Aegis Trust, un'organizzazione internazionale leader nella documentazione del genocidio. I rappresentanti di Aegis Trust hanno illustrato il loro lavoro nel documentare le storie delle vittime e nello stabilire memoriali nazionali, come il Kigali Genocide Memorial, che funge da centro per la commemorazione, l'educazione e la sensibilizzazione pubblica. L'obiettivo, è stato spiegato, non è solo preservare la memoria, ma promuovere una cultura di pace attraverso programmi educativi e piattaforme digitali per l'archiviazione dei dati.
I membri della delegazione siriana - riferiscono i media regionali - hanno sottolineato l'importanza dell'esperienza ruandese per il percorso di giustizia di transizione della Siria, definendo la documentazione e la conservazione della memoria come fondamentali per costruire un futuro basato sulla verità e la riconciliazione.
La delegazione siriana ha inoltre incontrato Patricie Uwase, segretaria esecutiva di Rwanda Cooperation, un ente governativo per lo scambio di competenze, per discutere di futura cooperazione e della possibilità di organizzare visite sul campo presso le istituzioni ruandesi competenti in materia di giustizia di transizione. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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