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Etiopia: Meloni ad Addis, in agenda c'è anche tanto Piano Mattei

Addis Abeba, 28 lug. – La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è giunta ad Addis Abeba per una visita di due giorni, dal 27 al 28 luglio 2025, che riafferma la centralità dell'Etiopia come partner strategico per l'Italia nel Corno d'Africa. Accolta dal Primo Ministro etiope Abiy Ahmed , la missione si muove su un doppio binario: da un lato, la partecipazione di alto profilo al terzo Vertice Onu sui Sistemi alimentari ; dall'altro, l'approfondimento di una cooperazione bilaterale che trova nel Piano Mattei la sua massima espressione. Questa seconda visita della premier in Etiopia, dopo quella dell'aprile 2023, è infatti l'occasione per consolidare i legami e verificare lo stato di avanzamento di progetti chiave.

Ufficialmente, il fulcro della visita è la co-presidenza, insieme ad Abiy e alla Vicesegretaria generale dell'Onu Amina Mohammed, del Vertice sui Sistemi alimentari. Un appuntamento che vedrà la partecipazione di Capi di Stato, organismi internazionali e settore privato per accelerare gli investimenti verso sistemi alimentari resilienti e sostenibili. La presenza di una delegazione italiana che include anche il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e il Viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, sottolinea l'impegno del governo su questo dossier globale.

Tuttavia, è l'implementazione del Piano Mattei a rappresentare il cuore pulsante della missione. L'Etiopia è uno dei partner principali di questa iniziativa, con interventi che già mostrano risultati concreti. Un esempio tangibile si trova nella regione dell’Oromia, dove Meloni e Abiy faranno tappa a Jimma. Qui, il piano ha finanziato la riqualificazione di edifici storici e infrastrutture e il risanamento ambientale del Lago Boye. Questo progetto non è solo ambientale, ma mira a creare un polo turistico legato alla storica tradizione del caffè e ha già generato un indotto occupazionale per 3.500 giovani in un'area segnata da un'alta disoccupazione giovanile.

L'impegno italiano si estende anche al settore agricolo, con un'iniziativa specifica per rafforzare la resilienza climatica della filiera del caffè, di vitale importanza per l'economia etiope in termini di Pil, export e occupazione. Parallelamente, nel settore sanitario, il Piano Mattei sta supportando il ripristino e il potenziamento dei servizi nella regione del Tigray, teatro del recente conflitto, con un focus sulla salute materno-infantile e sulla formazione medica. Anche il campo della formazione è strategico, con il sostegno all'Università di Addis Abeba per la sua riforma e il potenziamento di incubatori per start-up nella capitale. A suggello di questa visione a lungo termine, durante la visita sarà adottato un nuovo programma triennale di cooperazione allo sviluppo per il periodo 2026-2028.

L'agenda della Presidente del Consiglio riflette questa densità di impegni. Il primo incontro è stato con una rappresentanza di operatori religiosi italiani, la cui capillare attività umanitaria costituisce da anni un punto di riferimento della presenza italiana nel Paese. Sono seguiti il bilaterale con il Primo Ministro Abiy e un incontro con il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Mohamoud Ali Youssouf. La prima giornata si è poi conclusa con una cena offerta da Abiy Ahmed ai capi delegazione presenti per il vertice. 

  [Agenzia Infomundi – Infocoopera]

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Inaet: energia, agricoltura e acqua al centro del cambiamento 

Nairobi, 08 apr. – Il panel conclusivo della prima giornata della conferenza Inaet a Nairobi ha avuto il merito di spostare l’attenzione dalla tecnologia alla giustizia, ridefinendo il senso stesso di “transizione energetica” nel contesto africano. Intitolato “Not just a transition, a just transition: energy, agriculture and water”, l’incontro ha offerto una riflessione a tutto tondo sulle interconnessioni tra sviluppo, equità, resilienza climatica e diritti fondamentali, guidato da due voci autorevoli: Romy Chevallier (Research Lead on Climate and Environment del South African Institute of International Affairs, Saiia), che ha introdotto i lavori, e Hamisi Williams, assistant representative della Fao in Kenya, protagonista del keynote speech.

Romy Chevallier ha aperto i lavori con un messaggio strutturale: in Africa, la transizione non può essere solo energetica. Deve essere soprattutto sociale, economica e ambientale. Un cambiamento, ha spiegato, che riguarda le persone, le comunità escluse, gli ecosistemi e la capacità dei Paesi di affrontare crisi come l’insicurezza alimentare o idrica. Una transizione, quindi, che deve nascere da approcci olistici e intersettoriali, capaci di tenere insieme energia, agricoltura, acqua, salute, commercio e clima.

"Non possiamo accettare che la corsa ai minerali critici per il green tech riproduca logiche estrattive passate", ha detto Chevallier. "Serve una governance che protegga le risorse naturali, garantisca la partecipazione locale e costruisca opportunità economiche reali". Il cuore della transizione giusta, ha insistito, è nella costruzione di catene del valore che partano dal basso e che siano rispettose dei territori e delle persone.

Il discorso di apertura di Hamisi Williams ha raccolto e rilanciato questi spunti con la forza di chi parla a nome delle comunità rurali e dei sistemi agricoli africani. "Immaginate un continente in cui ogni casa sia alimentata da energia pulita, in cui nessun bambino debba più studiare alla luce del cherosene. Questa non è utopia: è il futuro dell’Africa, ma deve iniziare adesso".

Williams ha messo in relazione diretta energia, agricoltura e accesso all’acqua, affermando che la transizione energetica è un passaggio obbligato per garantire sicurezza alimentare e sviluppo rurale. Oggi, ha ricordato, il 70% dell’energia in Africa subsahariana proviene ancora da biomasse tradizionali, con effetti devastanti su salute, ambiente e produttività. Solo il 6% delle terre arabili africane è irrigato, contro il 37% dell’Asia.

"Se vogliamo produrre di più, sprecare di meno e nutrire meglio – ha detto – dobbiamo integrare le energie rinnovabili nei sistemi agricoli: dall’irrigazione alla refrigerazione, fino alla trasformazione post-raccolta". Il potenziale è immenso, ma la barriera resta l’accesso all’energia moderna per milioni di piccoli agricoltori, che costituiscono il 75% dei coltivatori africani.

L’energia, per Williams, è anche la chiave per affrontare la crisi climatica: irrigazione più efficiente, stoccaggio d’acqua, uso di tecnologie rinnovabili per mitigare l’impatto di siccità e inondazioni. "Il cambiamento climatico è già qui – ha ammonito – e noi potremmo essere l’unica generazione con ancora un po’ di tempo per agire".

Lo stesso ha poi portato l’esempio concreto di un progetto lanciato in Kenya con Fao, GCcf e governo nazionale: 50 milioni di dollari per promuovere value chain agricole resilienti in 14 contee, con l’obiettivo di coinvolgere 500.000 agricoltori, recuperare 2.800 ettari di terra e abbattere oltre un milione di tonnellate di CO₂ in vent’anni.

Il messaggio finale è stato netto: nessuna transizione sarà giusta senza politiche inclusive e normative adeguate. Williams ha lanciato un appello a costruire quadri regolatori intelligenti, capaci di promuovere accesso all’energia, sostenibilità agricola e gestione dell’acqua, attraverso partenariati tra governi, settore privato, comunità e organizzazioni internazionali.

Ha infine rivendicato l’importanza delle conoscenze locali, spesso trascurate nei processi di transizione. "Non possiamo parlare di giustizia senza includere i saperi delle comunità. Serve un approccio che ascolti, rispetti e coinvolga".

"La transizione giusta non è un concetto astratto — ha concluso Williams — ma un cammino collettivo. Noi, come Fao, ci siamo. La domanda ora è: voi ci siete?".

Un invito diretto, che ha chiuso la giornata con una certezza: l’Africa non chiede una transizione qualsiasi, ma una che sia davvero sua, equa e trasformativa. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]

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