Khartoum, 30 dic. – Una piccola squadra delle Nazioni unite si trova da venerdì 26 dicembre a El-Fasher, in Sudan, città caduta due mesi fa sotto il controllo dei paramilitari delle Forze di supporto rapito (Rsf), che sono entrate in città dopo 500 giorni di martellante e drammatico assedio. È la prima volta in quasi due anni che le Nazioni unite riescono a rientrare in città, dove i civili vivono senza acqua né servizi igienici.
Denise Brown, coordinatrice degli aiuti umanitari delle Nazioni unite che si trova a El Fasher, ha detto all’Afp che la città è come una “scena del crimine” ma ha confermato che le indagini delle Nazioni unite sulle violenze contro i civili saranno condotte da esperti in diritti umani, mentre il suo ufficio si concentrerà sul ripristino degli aiuti ai sopravvissuti.
La presa della città da parte delle Rsf infatti sarebbe stata accompagnata da atrocità di massa, tra cui massacri, torture e violenze sessuali, e ci sarebbero diverse fosse comuni sulle quali tuttavia bisogna ancora fare chiarezza. Da un punto di vista umanitario, invece, Brown ha detto che El Fasher è “l’epicentro della sofferenza umana” del Sudan e la città, che un tempo ospitava più di un milione di persone in fuga dal conflitto, è ancora colpita dalla carestia. “El Fasher è il fantasma di se stessa”, ha detto Brown: “Non abbiamo ancora informazioni sufficienti per stabilire quante persone siano ancora qui, sappiamo che gran parte della città è stata distrutta. Le case delle persone rimaste sono state distrutte” e non è stato ancora dato loro accesso alle carceri e, in generale, alle persone formalmente detenute.
Ad El Fasher, la squadra delle Nazioni unite ha potuto constatare che l’ospedale saudita è ancora in piedi e alcuni membri del personale medico sono tuttora presenti. Tuttavia, sono state ormai da tempo esaurite le scorte di farmaci.
La guerra in Sudan ha causato la morte di decine di migliaia di persone e soprattutto costretto 11 milioni di persone ad abbandonare le proprie case, causando quello che l’Onu ha definito “il peggior disastro umanitario del mondo”. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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